Cosa si intende
per spese di rappresentanza e qual è il trattamento
fiscale?
Per spese di rappresentanza si intendono quelle spese
effettuate per offrire un’immagine positiva dell’impresa
(es. organizzazione di ricevimenti, convegni e manifestazioni
in genere). La loro caratteristica consiste nell’assenza
di un corrispettivo e quindi non esiste un collegamento
diretto costi – ricavi. L’iva su tali spese
è indetraibile e sono deducibili dal reddito complessivo
nella misura di 1/3 del loro ammontare. Tale deduzione
va ripartita in 5 quote costanti annuali. Lo stesso limite
di deducibilità è applicato anche ai beni
distribuiti gratuitamente (omaggi). Se tali beni hanno
un valore unitario inferiore o uguale a € 25,82 l’iva
è completamente detraibile ed il costo completamente
deducibile nell’esercizio nel quale la spesa è
stata sostenuta.
Chi è oggi considerato
disoccupato ?
In base al D.Lgs 297/02 lo “stato di disoccupazione”
è dato dalla “condizione del soggetto privo
di lavoro, che sia immediatamente disponibile allo svolgimento
ed alla ricerca di un’attività lavorativa
secondo modalità definite con i servizi competenti”.
Questa definizione di stato di disoccupazione vale a
tutti gli effetti e, quindi, per tutti i lavoratori,
compresi i portatori di disabilità o altri interessati
da normativa speciale.
Quando scade il versamento
dovuto per il saldo Iva?
Il saldo Iva, salvo proroghe, va versato entro il 16
marzo dell'anno successivo, a quello d'imposta, senza
l'applicazione degli interessi mensili dello 0,40%.
Quali sono le scadenze periodiche per i versamenti dell'Iva?
Salvo, proroghe, le scadenze sono: - per i contribuenti
con liquidazione mensile, scade il 16 di ogni mese il
versamento dell'iva dovuta per il mese precedente; -
per i contribuenti trimestrali per opzione, debbono
versare l'Iva entro il 16 maggio, 16 agosto, 16 novembre
e 16 marzo 16 febbraio invece per i trimestrali speciali
Per aprire un’attività quali adempimenti
dovrò curare?
Gli adempimenti da effettuare dipendono dal tipo di
attività svolta e dalla forma giuridica del soggetto
che la intraprende. Si configurano diverse tipologie
di attività: lavoro autonomo, attività
artigiana, esercizio di commercio, in riferimento alle
quali corrispondono diversi e specifici adempimenti
presso gli Uffici. Stessa cosa dicasi se il soggetto
che intende svolgere l’attività sia una
persona fisica, una società di persone o una
società di capitali. Generalmente, è necessario:
- chiedere l’attribuzione della Partita Iva; -
comunicare al Comune l’inizio dell’attività
di commercio; - richiedere il nulla osta tecnico sanitario
della Asl competente (ove necessario); - richiedere
le ulteriori eventuali licenze connesse al tipo di attività
svolta; - aprire la posizione in Camera di Commercio
(ove richiesto); - aprire la posizione presso l’ente
previdenziale, ad esempio l’Inps o alle Casse
previdenziali previste dagli Ordini; - aprire la posizione
Inail (ove richiesto).
Come posso risparmiare imposte?
La domanda presuppone che in presenza di un determinato
reddito vi siano comportamenti e scelte alternative
che possono influenzarne la tassazione.
Nelle situazioni ordinarie purtroppo le regole sulla
tassazione dei redditi lasciano ben pochi spazi di manovra:
si va dalla deduzione di alcune spese personali dal
reddito delle persone fisiche alla diluizione nel tempo
della tassazione delle plusvalenze di impresa.
Ogni bravo professionista applica tutte le agevolazioni
possibili quando determina le imposte dei propri clienti,
ma generalmente si tratta di magre soddisfazioni.
Dove la professionalità del dottore commercialista
può fare la differenza è nelle situazioni
più complesse, nelle operazioni straordinarie,
nelle attività internazionali.
Possiamo ad esempio aiutare consigliare nella scelta
tra cedere le partecipazioni o l’azienda, tra
finanziarsi con un mutuo o un leaseback, tra remunerare
i soci con dividendi o compensi, tra conferire un’azienda
o effettuare una scissione societaria, tra l’utilizzo
di una holding italiana o estera.
Si tratta in altre parole della “pianificazione
fiscale” che tante volte ha consentito ai nostri
clienti di ottenere leciti, e talvolta consistenti,
risparmi di imposta.
Devo iniziare una attività,
conviene fare una società all’estero?
Quando si intende avviare una impresa destinata a lavorare
in Italia con clientela prevalentemente italiana, solitamente
non c'è alcuna convenienza a creare una società
in una giurisdizione diversa, salvo che vi sia l’intenzione,
ad esempio per motivi commerciali, di mantenere maggiore
riservatezza sull'identità dell'imprenditore.
Le strutture non residenti hanno maggior senso quando
l’attività si svolge prevalentemente all’estero.
Inoltre è opportuno sapere che una struttura
europea gestita da un imprenditore italiano ha spesso
costi amministrativi decisamente più elevati
di quelli di una normale SRL, e che pertanto occorre
ben valutarne i benefici: difficilmente si giustificherà
per volumi d’affari molto inferiori al milione
di Euro.
In questo sito web sito potete vedere che operiamo abitualmente,
oltre che a Padova, anche a Londra, e che abbiamo una
rete di corrispondenti in tutto il mondo.
Se immaginate che possa esservi utile possedere una
società all’estero potete contattarci per
valutarne insieme la convenienza.
È lecito possedere una
società in un paradiso fiscale?
Sì, è lecito.
Se avete preoccupazioni sul futuro, se commerciate a
livello internazionale, se il vostro reddito è
prodotto in varie parti del mondo, o se pensate di lanciare
un nuovo progetto di commercio elettronico, può
darsi che in alcuni casi la soluzione sia una società
in un paese a tassazione nulla o quasi nulla.
Il termine “offshore” è spesso utilizzato
in relazione ad attività criminali, ma se è
vero che certe attività illecite usano le società
offshore, non è vero che le società offshore
debbano rimanere dei tabù per chi intende utilizzarle
nei limiti delle norme vigenti.
Purtroppo non costituiscono un modo lecito per evitare
le tasse, infatti il Fisco pretende da chi risiede in
Italia che il possesso di partecipazioni in tali società
sia denunciato ed esige che i loro redditi, ancorché
esentasse alla fonte, siano tassati in Italia.
Avrei bisogno di un contrattino…
A volte quando c’è consenso sull’oggetto
di una prestazione e sul corrispettivo, qualcuno pensa
che a quel punto basti tirar fuori un “contrattino”
da un formulario. Invece è sempre bene farsi
altre domande.
Ad esempio: Che cosa accade se una delle parti non adempie
i suoi obblighi? E se per esempio fallisce? È
opportuno dare data certa all’accordo? Quale trattamento
e quali conseguenze fiscali può avere il contratto?
In bilancio che effetti produrrà? Chi sostiene
le spese? Se una delle parti patisse un danno a causa
dell’altra cosa dovrebbe fare per tutelarsi? Sono
opportune garanzie collaterali?
Noi dello Studio Penso & Associati preferiamo non
fornire “contrattini”, perché un
contratto è sempre una cosa seria.
Cerchiamo sempre di capire a fondo le intenzioni dei
nostri clienti e ci impegniamo per tradurle in clausole
particolari.
Non prendiamo mai per buoni formulari preconfezionati,
perché la normativa cambia continuamente e ogni
passaggio va sempre verificato. Preferiamo dedicare
del tempo alla formalizzazione degli accordi, perché
“Scripta manent” e “carta canta”:
un contratto scritto, anche se ha ad oggetto delle prestazioni
semplici, produce i suoi effetti anche a distanza di
anni, e per non avere sorprese tali effetti vanno valutati
prima di firmare.
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